Perché Google compra Motorola – Wired.it

Migliaia di brevetti sulla tecnolgia cellulare che finiscono nelle tasche di BigG. Ma anche la possibilità di costruire i propri apparecchi. Siamo sicuri che Android resterà open source?

Quella della (prossima) acquisizione di Motorola da parte di Google è, di fatto, la notizia hi-tech più importante degli ultimi mesi. Non tanto per la cifra in gioco, ben 12 miliardi e mezzo di dollari, ma per gli scenari che apre. Posto che l’operazione avverrà, effettivamente, alla fine del 2011, con possibile procrastinamento ai primi mesi del 2012, vediamo un po’ cosa aspettarci. Partendo dalle premesse: avevamo lasciato una Motorola quasi agonizzante, con il tablet Xoom incapace di invertire una tendenza al ribasso. D’altra parte, l’azienda americana è stata una delle prime ad affidarsi quasi interamente al sistema operativo Android di Google, intuendone le potenzialità ma soffrendo, evidentemente, della concorrenza di una certa azienda di Cupertino. Si trattava, insomma, di una situazione ideale per Google, che poteva così puntare all’ integrazione tra software e hardware, da sempre il punto di forza di Apple. In effetti, creare dispositivi sui quali modellare il proprio sistema operativo, o viceversa, ha consentito al colosso di Steve Jobs di offrire soluzioni semplici da usare, efficienti e facilmente controllabili dal produttore (con tutte le conseguenze negative e positive del caso…). Questo lo ha capito anche Microsoft, che all’inizio di quest’anno ha stretto un’ alleanza strategica con Nokia, mentre nelle ultime settimane si susseguono le voci anche di una possibile acquisizione. In quest’ottica, quella di Skype, sempre da parte del colosso di Redmond, potrebbe rientrare in un unico progetto, dato dall’unione di Windows Phone 7, smartphone Nokia e tecnologia Skpye per il VoIP.

Anche la mossa di Microsoft, dunque, potrebbe aver solleticato l’operazione da oltre 12 miliardi di dollari di Google, ma c’è chi crede che ci sia ancora un altro, ottimo, motivo. I brevetti. Google ne ha pochissimi, mentre tutti i suoi concorrenti ne hanno centinaia, spesso migliaia. Tanto che si arriva a paradossi che hanno dell’incredibile: qualche settimana fa si è appreso, per esempio, che Microsoft riceve, da alcuni produttori di smartphone basati su Android, un balzello su ogni dispositivo venduto. Si parla di cifre variabili tra 5 e 15 dollari per unità, cioè quanto guadagna per la licenza del suo Windows Phone 7. Peccato che Android sia di Google, che non percepisce nulla in quanto il sistema operativo è open source. Cosa succede? Semplificando, Microsoft detiene brevetti che chi produce apparecchi Android rischia di infrangere, così non resta che arrivare a un accomodamento monetario. E questo, tra l’altro, stabilisce una certa subordinazione di Google nei confronti della concorrenza. Anche Motorola, l’anno scorso, fu accusata da Microsoft di infrangere brevetti legati a dispositivi Android, ma è pur vero che il produttore mobile ha un portfolio enorme di brevetti, coi quali può ricambiare il favore e mostrare i denti.

Quindi l’acquisizione della società dell’Hello Moto garantirebbe a Page e Brin di ritrovarsi, in un solo colpo, migliaia di brevetti. Buona parte dei quali proprio nel campo del mobile, che è visto come il futuro prossimo delle applicazioni web. Allo stesso tempo, l’operazione toglierebbe dal mercato una Motorola che, debole dal punto di vista finanziario, aveva catalizzato l’interesse di alcuni concorrenti di Google. Tra questi, proprio Microsoft, che aveva la liquidità necessaria per sferrare il doppio colpo Nokia-Motorola.

Descritti i retroscena, dunque, quali scenari attenderci? Nei prossimi mesi, per cominciare, la situazione rimarrà immutata. Sia perché l’acquisizione è ancora da definirsi, sia perché, storicamente, l’approccio di Google, in questi casi, è sempre in punta di piedi. Se l’azienda di Mountain View fosse interessata effettivamente ai soli brevetti, le strategie di Motorola rimarrebbero così come sono nel medio-lungo termine, anche se l’accesso di prima mano alle risorse di Google aiuterebbero non poco a migliorare e spingere i propri prodotti. Tutto dipende da Google, e non è così scontato dirlo. Nel comunicato ufficiale che conferma l’operazione, Andy Rubin, Senior Vice President of Mobile di Google, nonché padre putativo di Android, si affretta a dire che la strategia nei confronti del sistema operativo non cambierà, e sarà sempre orientata all’open source. Eppure Honeycomb, ossia Android 3.0, ha già dimostrato una prima, sottile, chiusura, con la versione a sorgente libero rilasciata in un secondo momento. Questo potrebbe tradursi in una versione di Android ottimizzata per i dispositivi Motorola, con un’altra open source destinata alle terze parti (e chissà, magari fatta morire poco a poco…). Sarebbe il passo più logico verso l’agognata integrazione tra software e hardware, per allargare il bacino d’utenza di Android. Perché è pur vero che si tratta del sistema mobile più diffuso, ma è altrettanto vero che il successo è frammentato su un’ampia moltitudine di dispositivi. Altre aziende, con un numero esiguo di prodotto al confronto, guadagnano molto di più (sento odore di mele…). Perché non bisogna certo dimenticarsi degli aspetti economici: dispositivi proprietari, basati su Android, consentiranno a Google di monetizzare meglio e più velocemente. Qualunque sarà il futuro di Motorola, la mossa di Google sembra dannatamente buona e, di fatto, ha scombinato le carte di un mercato dove osano solo i temerari. E temerari come Page e Brin ce ne sono pochi.